martedì 26 gennaio 2010

L'Italia e il cinema che non c'è. Ovvero: ma chi vogliamo prendere in giro?



"Baarìa" trombato (scusate la volgarità) ai Golden Globe e agli Oscar, perché gli americani, nelle nostre sciarade politico-regionaliste, non ci cascano più. A Berlino, dove dovrebbero essere di bocca buona, su 26 film in concorso nessuno batterà bandiera tricolore. In compenso ci hanno messo nella sezione "Culinary Cinema" (sembra o no una presa in giro?). A quanto pare non ci cascano più neanche i tedeschi. E i francesi. E gli inglesi. Etc. etc. etc.
Italia ignorata a livello internazionale, dove il nostro cinema piace poco e non fa notizia, superato in coraggio e spesso in qualità da nazioni artisticamente ben più giovani della nostra.
Gli sciovinisti, quelli che ancora credono in istituzioni polverose come il David di Donatello o i Nastri d’Argento (misconosciute all’estero), fanno spallucce. La verità, però, inquieta. Com’è possibile che, dopo i decenni d’oro dei Fellini, De Sica, Visconti e Monicelli, il Bel Paese abbia perso l’uso di un linguaggio così universale?
Purtroppo paghiamo ancora l’impatto devastante del trentennio ‘70 – ‘90, nel quale l’abisso tra l’asse composto da poliziottesco e commedia erotico demenziale e la trincea del cinema d’essai si fece insondabile: come se le esigenze del popolo e quelle dei cinefili, da sempre coniugate e coniugabili, fossero diventate all’improvviso aliene. La reiterazione di tematiche vitali per la nostra storia, trattate con spirito introverso quando non schiettamente regionalista, è diventata prima un’ossessione, poi una forma di feroce elitarismo che ha annichilito i cosiddetti “generi” (azione, horror, fantascienza, fantasy, etc.) fino a farli sparire assieme alle loro preziose maestranze. È sopravvissuta solo la commedia, nella quale ci crediamo a torto maestri, anch’essa divisa in fazioni localizzate linguisticamente (toscana contro campania, trionfo dell’alleanza Milano-Roma).
Il nostro dramma poggia su quattro cardini: mafia, storia, famiglia e ’68, spesso fusi tra loro e innaffiati da una caparbia dose di politica. Capitano titoli eccellenti, come “Le conseguenze dell’amore” o “Tutta la vita davanti”, ma sono eccezioni in un mondo di regole. Non siamo capaci di mettere d’accordo il professore con l’operaio, il nord con il sud, le viscere col cervello: come pretendiamo il rispetto di paesi capaci di lavorare sulle sinergie? Gli ultimi quattro film italiani che hanno vinto un Oscar ("Amarcord", "Nuovo Cinema Paradiso", "Mediterraneo", "La vita è bella") erano ambientati nel passato. Come un bimbo che ricordi con gioia eccessiva i complimenti di ieri abbiamo deciso di continuare a giocare, finché è arrivata la noia.

4 commenti:

  1. Credo che oggi il cinema italiano incontri queste problematiche poiché vittima delle sue regole, della stampa ed anche dei suoi spettatori.
    Mi spiego meglio: a me negli ultimi anni è capitato di vedere qualche buon film di produzione italiana tipologia OFF (SAIMIR di Munzi, MARE NERO della Torre); alzi la mano chi (di questi film o di altri del genere) ha letto qualcosa sui giornali (carta o web) nazionali, alzi la mano chi ha visto in tv un approfondimento (ad un orario decente) su VINCERE di Bellocchio (tanto per uscire dal concetto di cinema ''indipendente''). Dopotutto come queste opere possano fungere da volano per tutto il gruppo dei piccoli nessuno lo sa, visto che i film d'essai italiani sono i cinepanettoni (legge confezionata ad hoc, per incentivare alla recitazione la velinifidanzata del ministro).
    Pur tuttavia credo che la palla decisiva sia sempre sulla racchetta dello spettatore, che può spegnere o accendere la tv, vedere AVATAR al multisala o FRANCESCA al cinema di quartiere; quindi secondo me la situazione attuale del nostro cinema (così come quella dello sport o della politica) è uno specchio dalla nostra società, in DECADENZA negli usi, nei costumi, negli interpreti.
    La soluzione ? Io non ce l'ho ma mi pare che neanche i vari TORNATORE-S abbiano dimostrato di avercela.
    Quindi perché non si alzano per lasciare la sedia a qualcun altro ?

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  2. Grazie Giacomo per essere intervenuto! Purtroppo i problemi del nostro cinema "indie" sono ben conosciuti: decine di film che giacciono sugli scaffali o ricevono una distribuzione risibile senza essere pubblicizzati. Ma rilancio con una provocazione: siamo sicuri che, anche in presenza di un marketing degno, la gente andrebbe a vederli? Perché parliamo di una produzione composta al 90% di prodotti elitari. Ottimi, magari, ma dedicati a una fascia assai ristretta di pubblico. Prendiamo "Vincere": un primo tempo a mio avviso insopportabilmente lento e ripetitivo e un secondo tempo eccellentissimo. Un film duro e difficile. Credo che una cinematografia sana dovrebbe nutrire meno prodotti di questo tipo, dedicandogli più fondi e quindi più chance di essere visti e apprezzati e, al contempo, sfornare un buon numero di pellicole di genere. Quelle che il pubblico pretende quando è in cerca di un legittimo e meritatissimo svago. E non parlo dei cinepanettoni o delle tante becere commedie che sforniamo ogni anno. Ti ricordi il titolo dell'ultimo vero thriller, horror, film d'azione, fantasy o fantascentifico italiano che hai visto? Sono generi universali, realizzabili anche con budget modesti. Il bellissimo "Moon" è costato la metà di "Vincere" e un decimo di "Baarìa", eppure ha ricordato a tutti come l'Inghilterra sia sempre al top in tutti campi, anche quando deve arrangiarsi. Noi viviamo di blandi compromessi: mai troppa violenza, troppo realismo (ci deve sempre essere la morale), troppe novità. Ieri ho visto un thriller americano piuttosto brutto: "Whiteout". Verso la fine mi sono reso conto che in Italia nessuno sarebbe stato in grado di farlo. Ha per protagonista la bellissima Kate Beckinsale. Noi chi ci metteremmo? Metà delle nostre attrici considererebbero svilente partecipare a un film d'azione. Troppo poco "intellettuale". A chi faremmo dirigere una scena d'azione credibile? Soavi e Fragasso, poveracci, fanno quello possono, ma non possono certo sostenere un vuoto simile sulle loro tanto vituperate spalle. Con una mentalità così non vedremo mai una rinascita come quella francese: loro, grazie a Besson e ad altri, oggi sono al top. Chi sarà il nostro Besson? Proprio non lo so...

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  3. Mi chiedo perchè qui da noi non ci sia speranza di vedere film come "Le vite degli altri" o il bellissimo "A prophete" (grazie Pippo per la dritta). Due film che trattano argomenti "scottanti" ma (wow) lo fanno nel modo giusto, senza i consueti e insostenibili panegirici del '68, delle BR, del potere operaio, dell'immigrazione spiccia, della resistenza al Caimano Berlusconi et similia.

    In sintesi: il cinema italiano (con rarissime eccezioni) fa cagare... o meglio, lo spettatore medio se deve scegliere tra intrattenimento puro come James Cameron o stracciamento di zebedei del solito regista italiano con la puzza sotto il naso cosa fa? Corre a vedere Avatar, giustamente!

    Agli oscar avrebbero dovuto mandarci "Il Divo" che, per come è strutturato, sicuramente avrebbe colpito di più i membri dell'academy. Un film che pur con i suoi innegabili difetti è quantomeno interessante e, per il nostro cinema, ORIGINALE....

    Invece abbiamo spedito sua maestà Tornatore con l'ennesimo polpettone (sarebbe più corretto dire "sartù" forse) indigeribile al grido di "Si sono fatti fregare una volta dall'ineffabile Maestro, magari ci cascano ancora..."

    Ma per piacere... disgustorama.

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  4. Andrea Pelfini, autore del Blog Pegasus Descending, mi ha inviato per mail questo post all'argomento:

    Io credo che il cinema sia soprattutto idee. E' vero che c'è Hollywood e i suoi milioni, ma Clint Eastwood riesce a fare un film più bello dell'altro senza i pupazzoni di Avatar o gli sparatutto. Perchè noi non ci riusciamo? Perchè va bene metterci la morale, ma non deve stracciare i maroni, il cinema non deve essere un dormitorio o una saletta fumosa da cineforum di sezione di partito! Io credo che uno dei grossi punti deboli, in Italia, siano le sceneggiature. Parlando di generi, hai visto il thriller "La doppia ora", che ho recensito su Pegasus Descending? Nonostante i ritmi siano per gran parte della pellicola lentissimi, a mio avviso è un bellissimo lavoro, con una suspense sostenuta per tutto l'arco delle due ore. Quindi qualcosa di buono è possibile fare. Poi hai ragione sui film d'azione e i nostri intellettuali da strapazzo (Whiteout è così brutto? Lo volevo recensire per settimana prossima...), tutti che ti devono insegnare qualcosa. E dirti che sei un cretino perchè non ci sei arrivato da solo. Bontà loro. Quando sento parlare di intellettuali faccio come Goebbels: metto mano alla pistola.

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