domenica 5 dicembre 2010

Recensione "La felicità dei cani" su Carmillaonline.com

Un'altra bellissima recensione a cura di Marilù Oliva nella rubrica "I libri & i luoghi", grazie Marilù, grazie Carmilla!

Il romanzo si consuma gli ultimi tre giorni di un anno non definito, in una città di mare non nominata ma liberamente ispirata a Genova, con i carruggi della città vecchia e i vicoli di Prè. La polizia del XX distretto indaga su un triplice omicidio di donne e il cimitero, luogo di ritrovo dei cadaveri, col suo tetro guardiano, potrebbe deviare il corso delle indagini. Non è un semplice poliziesco, questo. Certo, la scena è dominata da una squadra di agenti capitanati dal nuovo commissario Eugenio Orlando, uomo imperfetto e assillato dalla sua fobia di “portar iella”. Ma i personaggi, come marionette indipendenti di un più profondo dramma, spiccano forti nelle loro imperfezioni e nelle loro debolezze interiori. Basti per tutti l’ispettrice Jelena, poliziotta randagia che arrotonda con piccole estorsioni, però poi quando indaga non si risparmia e gioca al ribasso con la vita cercando di scrollarsi le ceneri di un padre alcolizzato e di una sorella appena scomparsa. E piange, quando la solitudine glielo consente e la fatica diventa insostenibile.
Dagradi, che di mestiere è giornalista e critico cinematografico, in questo suo primo romanzo, oltre i tipi umani e le vicende, oltre lo sguardo dei cani che rimandano a un diverso tipo di (in)consapevolezza, snoda con scioltezza e con una scrittura solida questa città evanescente, invernale, multietnica – zone dove si addensa un settanta per cento di immigrati africani alternate a strisce di quartieri che gli indiani hanno trasformato in un carnevali d’incensi –, una città che all’improvviso spalanca scorci insospettabili come la Corte: «È come se la città si restringesse all’improvviso lungo il corso irregolare di corso Italia. Sul lato orientale della larga arteria si apre una ragnatela di vicoli che scendono al porto vecchio come capillari intorno a una pupilla. Le case sono così decrepite che pendono le une verso le altre, rendendo la sottile striscia di cielo tra i tetti quasi invisibile [...]. In tutto il quartiere il buio convive con un assortimento di luci variegato come un impossibile arcobaleno notturno».

Marilù Oliva

(http://www.carmillaonline.com/archives/2010/12/003700.html#003700)

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