sabato 7 novembre 2009

Recensione di Giuseppe Pederiali per "La felicità dei cani"

«LA FELICITÀ DEI CANI» DEL GIORNALISTA ADAMO DAGRADI

UN GRANDE NOIR METROPOLITANO

Un’indagine senza respiro tra corruzione, omicidi, vizio e personaggi insospettabili



Alcuni bar notturni sembrano dipinti da Edward Hopper, le strade, anche quando non piove, sembrano appartenere alla topografia della piovosa Los Angeles di «Blade Runner», e molti dei personaggi ci appaiono come replicanti alieni, anche se leggono «La Gazzetta dello Sport» o indossano la maglietta degli U2. Viviamo i n un mondo globalizzato nello spazio e nel tempo. Globalizzato, livido e violento, e con troppa gente attorno, come dice Goto, uno dei ben disegnati personaggi di questo struggente romanzo: «..Siamo come quelle bestie dello zoo che stanno in una gabbia troppo piccola e cominciano a girare in tondo e in tondo e smettono di pensare...». Il titolo è «La felicità dei cani» (Mursia, 277 pagine, 17 euro), lo ha scritto Adamo Dagradi, ed è un noir, anche se la classificazione all’interno di un genere letterario è sempre una forzatura di comodo quando si tratta di un romanzo maturo e felice.

Los Angeles non a caso. Ecco il poliziotto di guardia all’ospedale che legge una copia spiegazzata del «Grande sonno» di Raymond Chandler, ed ecco che la Genova del romanzo si sovrappone alla metropoli californiana e diventa una città di mare senza nome (la parola Genova non l’abbiamo trovata). Non che Adamo Dagradi abbia seguito la scia di sceneggiatori e scenografi di film americani: questo inferno è tutto nostro, italiano, originale, riconoscibile e firmato, ma nel medesimo tempo lo potremmo battezzare con un altro nome di metropoli. Di sicuro nessuno aveva finora raccontato Genova con tanto crudele amore. E’ un romanzo corale, protagonista una squadra di poliziotti, anche se poi il riflettore predilige lei, Jelena, ispettore con molti problemi privati, a cominciare da un padre alcolista e una sorella sbandata. Jelena «così bella, se sai guardare». Così piena di dolore e delusione. Corrotta e incorruttibile. L’incarnazione vivente di tutte le contraddizioni della città...». Squadra efficiente, con alla testa il commissario Orlando, appena arrivato, un ometto sbiadito, sottovalutato dagli altri e da se stesso, ma che ben presto mostrerà artigli e zanne. Facile pronosticare che la coppia Orlando-Jelena diventerà importante nel panorama della nostra letteratura gialla. Indovinati anche gli altri della squadra, dall’esperto Sciaccaluga al giovane Lorenzi, lo sbarbatello.

Il caso è di quelli tosti. Nel Cimitero monumentale, dentro cappelle private che nessuno visita mai, sono stati casualmente rinvenuti i cadaveri di tre giovani donne. Uccise e seviziate. Con segni di necrofilia. Due sono prostitute straniere (Europa dell’est e Cina), una è una studentessa italiana. Un serial killer? Una setta satanica? Gli indizi portano in queste direzioni, e il caso sembra risolto non appena le indagini sfociano in una movimentata cattura. Le prove ci sono, concrete, ma... Il commissario Orlando non è convinto che il pesce caduto nella trappola sia quello giusto: troppo piccolo e fragile, per quanto mostruoso. Adamo Dagradi, in un crescendo di suspense, tra carrugi e strade sopraelevate, ci conduce con prepotenza verso la verità nascosta, che è la più sconvolgente che potessimo immaginare. Ma anche la più credibile, sulla scorta delle notizie di cronaca nera delle quali, volenti o nolenti, quotidianamente ci nutriamo. E i cani del titolo? Ci sono. Dal pitbull femmina che Orlando salva da una sicura morte per inedia, all’atroce lotta tra cani nel cortile di uno sfasciacarrozze, dove gli scommettitori puntano soldi (c’è Jelena tra loro), mirabilmente raccontata in contemporanea alla caccia all’uomo. E poi i due cani amati da Sciaccaluga, il poliziotto che frequenta le prostitute. Una la porta a casa, una bella negretta, e poi le lascia le chiavi affinché, la mattina dopo, porti a spasso i due cani. Pensiero di Sciaccaluga: «Se più poliziotti andassero con le puttane, le puttane starebbero meglio».

Poliziotti veri, con molti difetti. Qualcuno prende mazzette, qualcuno mena. Raccontati con umanità, senza sconti per nessuno. Ottima la colonna sonora, importante anche se il lettore deve suonarsela dentro la testa sulla base delle indicazioni, comunque precise, dai Led Zeppelin ai cantanti pop italiani preferiti da Sciaccaluga e citati solo per nome: Bruno, Adriano e Paolo. Forse Bruno Lauzi e Paolo Conte, vicini a Genova. E Adriano chi?


Giuseppe Pederiali, L'Arena, 19 febbraio 2009, pag 47

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