venerdì 18 dicembre 2009

"NOIR ITALIANO"


E' iniziato come uno scherzo su Facebbok, ma potrebbe diventare il grande capolavoro del giallo ITALIANO. Ecco a voi, grazie alla penna di Rico dei nokeys e di Faber, l'uomo la cui salma sarà selezionata per il monumento all'erudito ignoto, un racconto a puntate che vi farà vedere il Bel Paese in una luce nuova, nuovissima! Altro che Camilleri, altro che Ammaniti, Faletti, Dagradi, Wu Ming o Fu Chi Min. Questa è un'opera rivoluzionaria, priva di stereotipi, addirittura futuribile. Le prossime puntate nei giorni a venire. Godetevi: "NOIR ITALIANO".


Ed ecco, al capitolo 8, aggiungersi alla narrazione la penna del mitico Paul Malacarne.  La saga procede a gonfie vele!

Faber1
" Quel mattino faceva così caldo che anche la vernice sul mio mandolino sembrava sciogliersi in grosse gocce scure. A un certo punto, il maledetto cellulare con la suoneria di O sole mio si mise a strillare al'impazzata. Mi asciugai il formaggio della pizza dai baffi neri e risposi. Era lui, come tante altre volte. Il caro, vecchio, bastardo Gennaro Scataglione. Il mio informatore. Un nuovo caso di mazzette, froci, puttane e politica puerile da terzo mondo stava aspettandomi là fuori, oltre il semaforo rosso. questa è vita, pensai tra me."

Rico2
“Riagganciai il cellulare, mentre di fronte a me bambini vestiti da Pulcinella cantavano l’inno di Mameli. Mi guardai intorno: la bellezza delle colline toscane non finiva mai di stupirmi. Turisti inglesi vestiti di lino chiaro guardavano con aria benevola gli abitanti del villaggio, che, con camicioni bianchi e con ciuffi caravaggeschi, andavano a vendemmiare con fiaschi di chianti alla cintura. Cambiai le corde al mandolino, e decisi di iniziare l’indagine. Ma era a corto di liquidi… Borseggiai una vecchia, saltai sulla mia Alfa 33 rubata e dopo aver baciato il rosario appeso allo specchietto retrovisore partii con il rosso.”

Faber3
Dopo un rapido duello rusticano al cacciavite, consumato lungo la strada con alcuni gondolieri, raggiunsi “La bella ‘ndrangheta”, il locale dove il mio contatto mi aspettava. Entrai nel locale fumoso, accolto dalle note di Toto Cotugno, e il barista mi servì il solito: un poco ristretto macchiato decaffeinato con mezza… schiuma tiepida e un po’ di lardo di Colonnata DOP. Attorno mi si assiepavano gli scugnizzi abbronzati come bronzi di Riace, chi offrendomi cocaina, chi la loro sorella, chi loro stessi. Gettai loro alcuni pezzi di babà per allontanarli e stavo già per mettermi a sfogliare La gazzetta dello sport quando, all’improvviso, entrò Lei. La personficazione dei sogni di ogni uomo mediterraneo. Capelli lunghi, corvini, fluenti. Baffi lunghi, corvini, fluenti. Il corpo da Mater Matuta fasciato da un completo mozzafiato da prefica lucana. Le scarpe basse, nere, sopra i collant beige mi fecero sudare. Ragazzi, che bambola.

 
Rico4
Iniziai a sudare così abbondantemente che la canottiera macchiata di amatriciana mi si incollò al petto villoso. Persino il legno dei miei zoccoli Dr. Scholls si impregnò di eccitati sudori. “Per fortuna stamattina mi sono messo un bel po’ di Acqua Velva per coprire i miei afrori di maschio” – pensai rasserenato grattandomi il culo. Sollevai con indifferenza e classe il mignolo destro inanellato, e un breve cenno della sua unghia lunga giallastra fu sufficiente a far capire a Nane, il barista veneziano, che volevo offrire da bere alla pupa. Nane, che come me aveva imparato l’arte della seduzione leggendo “Il paninaro” e “Cucador”, servì un Biancosarti alla sventola e cantando “El moleta” le disse: “Questo l’è da parte de quel mona là de drio, dio##**!”. La  fatalona rispose indirizzandomi un enigmatico sorriso in parte nascosto dai folti baffi, e avviandosi verso il retrobottega tra i fischi alla pecorara degli avventori, mi fece cenno di raggiungerla. “Un momento – pensai leccando il mio pettine da tasca e sistemandomi il riporto – e se fosse proprio lei il mio contatto?”

Faber5
Mi alzai dal mio posto portando con me il Caffè Sport Borghetti che nel frattempo Nane mi aveva servito, e prendendomi il pacco a piena mano me lo sistemai vistosamente all’indirizzo del pezzo di bernarda seduta là davanti, proprio sotto la scultura di sughero fatta a mano dai carcerati dell’Asinara. Spostando appena lo stecchino dalle labbra sputai impercettibilmente alla mia sinistra e mi sedetti di fronte a lei.
Per fare colpo, subito mi misi a commentare il quadro che campeggiava sopra il bancone: la zingarella piangente dipinta coi piedi dai monchini di Padre Pio: l’orgoglio del bar di Nani. Lei, credo, fu colpita dalle mie parole, perché dopo aver strofinato il suo cornetto di corallo commentò: “La bucchinemmammete, smett’ e dicere strunzate e parlamm’elluomicidie e piazz’e spagna”. Attribuii il mio (momentaneo ) insuccesso alla stanchezza: avevo passato tutto il giorno precedente dal barbiere a parlare di figa, di calcio e di caccia e la cosa mi aveva provato. Guardai malinconicamente fuori dalla finestra: il suggestivo paesaggio romagnolo coperto di neve era punteggiato da girotondi di preti e chierichetti. Un cieco suonava alla fisarmonica arie d’opera. Mi accorsi che stavo invecchiando.


Rico6
Ma molto in fretta la malinconia e la nostalgia per la provincia, che come tutti sanno è l’unico luogo in cui una qualsiasi infanzia felice possa essere ambientata, lasciarono spazio al presente. Mi accorsi che, mentre una turista inglese stava pagando due cappuccini 45 euro e suo marito era rapito dalla contemplazione del...le tette di Antonella Clerici intenta a litigare con Beppe Bigazzi alla Prova del Cuoco (che donna!), una zingarella non troppo diversa da quella del dipinto (che baciai velocemente ma con fervore religioso) stava sfilando il portafogli dell’ignaro albionico. Per un istante considerai la possibilità di intervenire e reclamare il mio indigeno diritto al borseggio, ma il dolce alito alla soppressata della fatalona mi scosse: “Strunzo, m’ascolti o nno? Il mmuorto era u uommo mmmio, sfaccimmeecacament’ecazzo”.

Faber7
"Mi caricai l'agliata vamp sull'alfetta, avendo cura di coprire con uno straccio le foto di mia moglie e della mia numerosa prole sormontate dalla scritta "Vai piano,pensa a noi", e partii sgommando in quarta prendendo il vialone dal senso normale, cioè quello vietato. Feci scivolare la mano destra lungo la coscia procace della bellona (mentre con la sinistra fumavo la mia quarantaquattresima stop, e tenevo il volante col gomito), ma malauguratamente l'unghietta affilatissima del mignolo le smagliò una calza. Tentai di arginare le recriminazioni violente e sannitiche della suddetta e feci scattare il cassettino del cruscotto, dove giaceva ancora una piccola scorta di calze di nylon, residuo del mio ultimo viaggio in Polonia. Calmata così la piccolina, parcheggiai in quarta fila. Ci avviammo a piedi verso Piazza di Spagna, dove una folla di folkloristici tifosi intrecciava lieti caroselli con le loro seicento attorno al cadavere, strombazzando e sbandierando a più non posso. O era giorno di derby, pensai, o il morto doveva essere stato antipatico a qualcuno.
Martoriata - perché questo era il nome della sventola, non ve l'avevo ancora detto? - ebbe la malaugurata idea di cambiarsi la calza in piena piazza, provocando così una sequenza di incidenti dei quali però non mi curai (tanto l'ambulanza sarebbe arrivata nel giro di sei ore massimo). Fischiettando un classico di Malgioglio mi avviai ad esaminare il cadavere."

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"Dopo essermi fatto largo tra una folla di giapponesi intenti a scattare foto raggiunsi finalmente il luogo del delitto. Il baffuto tenente dei carabinieri mi fermò e con un pesante accento siculo mi disse che non c'era niente da guardare. Mentre cercavo di convincerlo a farmi dare un'occhiata offrendogli una sigaretta mi raggiunse smadonnando Martoriata, che si era attardata causa rottura del tacco 10 della sua Fornarina di vernice sul selciato della piazza. Lo sguardo del tenente si posò immediatamente sulla scollatura di lei... approfittando del suo momento di distrazione e della sua scarsa statura riuscii a sbirciare sopra la sua spalla e ad avere, finalmente, una visione del corpo."


Rico9
“Che mi venga un canchero!” esclamai grattandomi i coglioni e ordinando una focaccia alla cipolla da un baracchino. Capii immediatamente la ragione dell’irrequietezza dei tifosi (che nel frattempo stavano bruciando delle macchine e insidiando sessualmente un gruppo di seminaristi): il morto era nientepopodimeno che Dino Zoff, ex portiere della nazionale di calcio campione del mondo 1982 (mi genuflettei) e recentemente fatto beato da Papa Ratzinger, che con questo suo gesto si era inimicato il potentissimo arcivescovo di Norimberga Beckenbauer.
L’affare si stava ingrossando (e non mi solo per l’avvenenza di Martoriata, che si stava sensualmente massaggiando i calli con l’Amuchina in una fontana), ma anche per l’importanza della vittima. Telefonai a mia mamma e le chiesi di buttare giù le tagliatelle, e mi avvicinai al medico legale. Era un bell’uomo, tipo Salvo del Grande Fratello, e – pur essendo veronese e quindi sicuramente razzista – sapeva fare il suo mestiere.


Paul10 
"Vincendo la commozione e con ancora vivo il ricordo della vittima che riceve la coppa FIFA dalle mani di Joao Havelange sotto lo sguardo paterno del presidente partigiano, ricacciai in gola un urlo di dolore che neanche Tardelli in quella magica notte e chiesi al razzista dei RIS che impressione si fosse fatto dell'accaduto.

Dopo avermi dato del "Teròn" lo specialista appoggiò a terra una schiscetta con avanzi di bollito e pearà, bevve un sorso del suo Valpolicella Ripasso e mi ruttò in faccia tutta la sua veronesità. "Sembrerebbe un incidente, la vittima è scivolata su una chiazza di Olio Cuore e ha battuto la testa, sangue de maial!". Memore della vecchia pubblicità con salto della staccionata e sicuro che la forma del portierone fosse ancora quella dei suoi 40 anni, gli dissi: "Guardi che questo non è Nino Castelnuovo, ma Dino Zoff... impossibile che non abbia notato la macchia d'olio, dopo la tragica semifinale con l'Olanda nel '78 aveva iniziato ad utilizzare le lenti a contatto..." "


Faber11
Avevo già notato la sua distrazione, ma non sapevo a cosa attribuirla. D'un tratto tutto mi fu chiaro. "go dito che la lonza la ghe soltanto par due persone, dio ""!*!" urlava l'Esculapio, incartando frettolosamente alcuni pezzi del cadavere, delle cui reliquie stava facendo commercio illegale. Non appena mi vide arrivare, mise via frettolosamente il suo coltello e si mise a giochicchiare col luminol, come aveva visto fare in TV nella serie CSI. Poi... See More mi mostrò il certificato di laurea conseguita al CEPU, e la specializzazione in estimo conseguita alla Scuola Radio Elettra. "Siamo in buone mani, pensai rilassandomi e intascandomi l'ipofisi del sublime portiere, non prima di averla devotamente baciata. "E' sicuro di voler rendere pubblica la cosa? chiesi al medico - " Domani mattina ci sarebbe la rivoluzione".

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"Mi assentai per qualche secondo, giusto il tempo di mettere in vendita la preziosa reliquia ghiandolare su ebay utilizzando l'apposita applicazione del mio iPhone. Quando tornai Martoriata e il tenente dei carabinieri si erano sposati, il mio contatto era decisamente meno sexy dopo le cinque gravidanze e la salutai silenziosamente senza tanti rimpianti, non avevo più bisogno di lei, se mai lo avessi avuto.

La folla dei curiosi si era arricchita di alcuni vecchietti in astinenza da lavori stradali. Uno dei volti mi era noto, si trattava di Enzo Bearzot, il condottiero dell'Italia azzurra campione del mondo '82. La sua presenza proprio in quel frangente mise subito in moto le mie piccole cellule grigie e quando a poca distanza da lui riconobbi anche il venerabile maestro della P2, Licio Gelli, sentii subito puzza di bruciato. I due si scambiarono qualche gesto di intesa massonico e si allontanarono in direzione di Trastevere canticchiando "La società dei magnaccioni"..."


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Li guardai meditabondo, cercando di mettere insieme i pezzi del puzzle (pron. come si scrive): Martoriata era stata la donna di Zoff - Zoff era morto - Bearzot e Gelli erano stonati (dunque forse non erano italiani)...
Ci penserò dopo pranzo, decisi, gettando giusto a fianco del bidone dell'immondizia un mazzetto di multe che stazionava sul mio parabrezza (tanto mio cugino lavora in comune). Mentre rincasavo, assistetti a una rissa tra comunisti e fascisti, ma vidi che i ragazzi dopo alcune scaramucce andarono tutti all'osteria a farsi un goccio di quello buono. In Italia è così - pensai - si litiga si litiga ma in fondo poi ci si vuole tutti bene, siamo tutta brava gente. Ma infatti, che cazzo mi affretto a fare? Ci penserò dopo il riposino pomeridiano". A casa, mia madre mi accolse come di consueto: "Sei stato con le puttane? Almeno ti sei messo il preservativo?". Con un sospiro la baciai sulla guancia e mi avvia verso la sala da pranzo. Ma proprio là mi attendeva l'agghiacciante sorpresa. Giampiero Galeazzi sedeva al mio posto a tavola.


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Galeazzi sedeva come se fosse lui il padrone. Aveva messo su il mio disco di pizzica preferito (certo che il Salento è proprio il gioiello del Sud), toccacciava il culo di mia madre alla faccia del mio complesso di Edipo e mangiava il piatto di bucatini all'amatriciana più buono del mondo (perchè come cucina la mamma non cucina nessuno).
Restai imbambolato e incerto se saltargli al monumentale collo o se farmi una partita a tombola con mamma, ma Bisteccone mi tolse dall'imbarazzo della scelta. Si sistemò un microfono vicinissimo alla bocca e ansimando come un bue cardiopatico mi disse "E questo è bello!" E io: "Giampiero, ma che cazzo c'entra?" e lui: "Zitto e ascolta. Ero al foro italico che mi masturbavo guardando dei vecchi video di Gabriela Sabatini, quando ho visto Bearzot e Gelli scambiarsi le pipe". Era un tipico segno della massoneria legata alla famiglia Savoia.... "Continua", dissi facendo il presepe. "Non solo si sono scambiati la pipa. Li ho anche sentiti dire che Zoff ormai sapeva troppo, capisci?". Capivo, capivo... Capivo soprattutto che ormai il mio riposino pomeridiano sarebbe andato a puttane. Almeno lui si sarebbe divertito.






continua...... 




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