lunedì 21 dicembre 2009

Brittany Murphy: In Memoriam



Innamorarsi al cinema è una delle grandi magie dell’arte e della finzione. Il pubblico entra in sala, le luci si spengono e poi appare un volto, un sorriso, un’interpretazione che ti fulminano sulla poltrona, che porterai a casa con te, guarderai e riguarderai. Nel 2001 Brittany Murphy, a soli ventiquattro anni, surclassò i colleghi Michel Douglas e Sean Bean, interpretando una giovane schizofrenica in “Dont’ Say a Word”. Rivisto oggi il film non solo è da rivalutare come uno dei migliori thriller del decennio, ma nel ritratto che l’attrice fa di questa ragazza malata eppure coraggiosa, vulnerabile ma piena di rabbia e, perché no, di sensualità repressa, si possono cogliere sfumature da Oscar. 


Fu il suo ruolo più importante, assieme a quello in “8 Mile”, al fianco di Eminem. Quando la vidi per la prima volta ne rimasi impnotizzato, tanto da modellare su di lei quello che, ad oggi, è forse il personaggio più vero e profondo che io abbia mai creato per un gioco di ruolo: Caroline (c'era un po' anche dell'omonima protagonista di "Berlin" di Lou Reed"), protagonista del mio "poliziotti" newyorchese. Questo, a chi non mi conosce, potrà importare poco, ma credo giustifichi la malinconia che la notizia mi ha messo addosso. Il cinema è anche questo: identificazione, emozione, furto e rielaborazione di idee, atmosfere e sguardi.

Sebbene in molti la ricorderanno come co-protagonista di commedie rosa (“Clueless”, “Oggi sposi”, “Le ragazze dei quartieri alti”), il dramma e il doppiaggio erano le sue vere vocazioni: occhi vivaci e un sorriso che sprizzava simpatia, dietro ai quali nascondere tutto il dolore di un disagio (“Ragazze interrotte”, “Spun”, “Sin City”); una voce bee-bop con la quale ha narrato 139 episodi di “King of the Hill””, ha fatto parlare il pinguino Gloria di “Happy Feet” e ha cantato per i soldati a bordo della USS Nimitiz, durante l’invasione dell’Iraq nel 2003.
Negli ultimi anni, dopo alcune relazioni tempestose (tra i compagni anche l’attore Ashton Kutcher), la stabilità familiare (aveva sposato lo sceneggiatore Simon Monjack) era andata di pari passo con una progressiva scomparsa dallo schermo. Si parla di anoressia e di una perdita di peso che l’avrebbe resa poco fotogenica (qualche mese fa Sylvester Stallone l’aveva licenziata dal set di “The Expendables”), Clint Morris, sul sito Moviehole, menziona anche una forma di diabete. Un mix letale anche per il più giovane dei cuori. 


Il 7 marzo il suo viso sfilerà assieme a quelli di tanti altri colleghi sullo schermo del Kodak Theatre, nell’annuale “In Memoriam” che interrompe la cerimonia degli Oscar. 
Giovinezza e bellezza non dovrebbero mai fare rima con la parola morte. Buon viaggio Brittany. 




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